Vero la fine di Agosto alcuni agricoltori hanno lanciato un accorato grido di allarme: una qualche malattia o invasione di insetti nocivi aveva distrutto le loro coltivazioni di fagioli. Per il piccolo orticultore la cosa risultava preoccupante ma non grave: i fagioli si possono reperire da qualche amico (sempre che il problema non lo avesse sfiorato), al gruppo di acquisto, al mercato e al supermercato. Insomma … la pasta e fagioli non mancherà di rallegrare la tavola e anche i semi per il prossimo anno sono assicurati. Non bastasse è pure arrivata la siccità, la grandine e poi una vera e propria invasione di tassi, istrici, caprioli, cinghiali … tutti attratti dal verde deglio orti visto che la campagna selvatica era simile ad una distesa desertica. Questo ci raccontano le cronache di tanti amici orticultori. A noi lo scorso anno i caprioli avevano completamente distrutto l’orto invernale … i cavoli i porri e le bietole le compravamo alla coop … perché c’è la coop e meno male!
La nostra ipotetica autosufficienza si è rivelata molto debole e precaria: 2 – 3 anni come questo e saremmo alla fame nera se non ci fosse il commercio globalizzato … e questo non è bello da dirsi. Certo si possono prendere contromisure efficaci: variare e incrementare la biodiversità delle coltivazioni, costruire depositi di raccolta per l’acqua piovana, vasche di depurazione e riciclo delle acque di scarico, si possono cintare gli orti come basi dei marines in territorio talebano … tante cose. Ma quella fondamentale è la costruzione di reti solidali di scambio e mutuo aiuto nel proprio territorio, nella propria bioregione. La tensione” all’autoproduzione e all’autosufficienza probabilmente si realizza grazie al lavoro e allo sforzo comuni con buona pace del mito “del buon selvaggio” che vaga per boschi e distese erbose alla ricerca di cibo selvatico: a luglio, ad agosto o in inverno puoi nutrirti di cortecce e radici fibrose che sono veramente immangiabili.
Certe parole andrebbero valutate e sperimentate con attenzione.