Sempre con noi


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Renato è spirato domenica 21 luglio,
la malattia contro cui ha combattuto per più di un anno
alla fine ha avuto il sopravvento e lo ha portato via,
lo ha fatto discretamente, senza fare sapere nemmeno a me, nelle nostre telefonate settimanali,
la reale gravità della situazione,
anzi mi raccontava quanto si mangiava bene nella clinica dove, mi diceva,
lo stavano “ripulendo dai veleni” di tutti i cicli di chemio che ha sopportato nei mesi passati…

Era una persona straordinaria, una mente eccelsa di grande cultura,
e ha sempre vissuto credendo e mettendo in pratica realmente le idee che lo distinguevano,
con l’orgoglio mai dimenticato di essere figlio di un comandante partigiano
ha fatto delle scelte della sua vita quotidiana la sua rivoluzione,
e ha cercato di diffondere e sostenere il mondo nuovo, solidale, rurale, ecosostenibile, bioregionalista
che era certo essere l’unica alternativa allo sfacelo della società capitalista.

Ci lascia un’eredità che è manifesta in tutte quelle realtà che hanno trovato nel blog ” Selvatici” e nel “rural network”  Bionieri,
frutto della sua caparbia volontà di autodidatta del web, e della sua generosità espansiva e di avanguardia,
anzi, come si definiva più volentieri, di “avanbardo”,
un aiuto e un sostegno a  crescere e moltiplicarsi e svilupparsi in piccoli e grandi “orti”
tra “il Selvatico e il Coltivato”
che continueranno a fiorire e fruttificare, ne sono certa,nelle future generazioni.

Non ho altre parole per dire quanto mi mancherà
anche se non vivevamo più fisicamente insieme nell’ultimo anno,
e quanto ingiusto penso che sia che non sia più qui
a spiegarmi come tagliare le femminelle dei pomodori,
ma so che la sua energia sarà sempre tutto intorno a me
come il ricordo del tempo passato insieme, le speranze, gli esperimenti, le invenzioni,
gli oleoliti, le pomate, il sapone fatto in casa, distillare la lavanda,
il nostro artigianato e i nostri successi che ci hanno fatto sentire ricchi dopo tante difficoltà,
il sentiero bioregionale, il cir, l’associazione degli artigiani, e anche le delusioni e le sconfitte…
io non lo potrò dimenticare mai.

Penso che meriti davvero di essere ricordato
e il modo migliore è ripercorrere il blog dei Selvatici dove dal 2007
con idee, considerazioni, poesie, racconti, pensieri
raccontava il suo, il nostro “Progetto” di vita,

Merita di essere ricordata sua sorella Ilaria che si è presa cura di lui in questo utimo anno percorrendone insieme giorno per giorno i passi difficili della malattia, standogli a fianco fino alla fine, i vostri abbracci e cari saluti che già sono stati tanti voglio condividerli con lei perchè sappia quanto è stato benvoluto e amato il suo caro fratello.

Con tutto il mio amore
Buon cammino, Renato

ciao Manù

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CIAO RENATO


CIAO RENATO

POSSA ACCOMPAGNARTI LA MUSICA CHE TI PIACEVA TANTO

NEL VIAGGIO VERSO L’INFINITO UNIVERSO

NEL RITORNO AL GREMBO DELLA GRANDE MADRE

GRAZIE PER QUELLO CHE CI HAI INSEGNATO

TI AMO

manù

Sono nato a Broni


Come ho scritto in un post precedente attualmente abito a Stradella, , cittadina dell’Oltrepò Pavese che confina con Broni, i due centri abitati sono praticamente  divisi da una zona industriale fatta di capannoni e centri commerciali. A Broni ci sono nato in quanto era sede del reparto maternità, in questo territorio ho anche trascorso buona parte della mia gioventù ribelle e probabilmente anche la parte più  gioiosa e incredibile della mia vita … ma questa è un’altra storia. Negli ultimi anni Broni ha avuto una ben triste notorietà in quanto sede della Fibronit, industria che fabbricava elementi per edilizia in cemento – amianto. La produzione, iniziata nel 1935 è terminata nel 1985. Secondo i più recenti rapporti di vari istituti di ricerca a Broni e nei territori circostanti sono decedute più di 700 persone a causa dell’esposizione all’amianto e si prevede che i decessi raddoppieranno nei prossimi venti anni. All’inizio degli anni 70′ un gruppetto di giovani ribelli (tra i quali il sottoscritto) diffuse nella zona un volantino in cui si denunciava la pericolosità dell’amianto ma come sempre rimase inascoltato. I dati sull’amianto arrivavano da ricerche che si iniziava a svolgere negli Stati Uniti.

Un paio di mesi fa ho seguito una serie di interviste fatte da giornalisti della terza rete Rai (o forse di La7 …) ad alcuni abitanti e amministratori del comune: mi avevano colpito le risposte di un signore che più o meno aveva la mia età e il cui viso non mi era sconosciuto … l’intervista si concludeva con un accorato appello … “speriamo che qualcuno faccia qualche cosa”.    In quella frase senza rabbia, senza rivendicazione di un diritto fondamentale come la salute, senza desiderio di riscatto mi è sembrato di leggerci una resa infinita, ineluttabile  ad una economia feroce e a una politica insulsa e vergognosa.

Parto dal principio che ogni vita umana ha un valore sacro e inviolabile che nessuna economia o religione o cultura ha il diritto di calpestare,  quella scia di morti passati e a venire avrebbe dovuto trasformare questo spicchio di Oltrepò in una sorta di Val Susa all’ennesima potenza che non stava ad aspettare che qualcuno facesse qualche cosa ma esigesse che tutto fosse fatto subito: bonifiche, risarcimenti e quanto altro necessario. Quando passo per Broni mi assale un’angoscia indicibile e ed una rabbia sorda e impotente.

Per info e immagini visitate     http://www.sociability.it/amiantobroni/

Autosufficienza, autoproduzione … ? … son parole grosse!


Vero la fine di Agosto alcuni agricoltori hanno lanciato un accorato grido di allarme: una qualche malattia o invasione di insetti nocivi aveva distrutto le loro coltivazioni di fagioli. Per il piccolo orticultore la cosa risultava preoccupante ma non grave: i fagioli si possono reperire da qualche amico (sempre che il problema non lo avesse sfiorato), al gruppo di acquisto, al mercato e al supermercato. Insomma … la pasta e fagioli non mancherà di rallegrare la tavola e anche i semi per il prossimo anno sono assicurati. Non bastasse è pure arrivata la siccità, la grandine e poi una vera e propria invasione di tassi, istrici, caprioli, cinghiali … tutti attratti dal verde deglio orti visto che la campagna selvatica era simile ad una distesa desertica. Questo ci raccontano le cronache di tanti amici orticultori. A noi lo scorso anno i caprioli avevano completamente distrutto l’orto invernale … i cavoli  i porri e le bietole le compravamo alla coop … perché c’è la coop e meno male!

La nostra ipotetica autosufficienza si è rivelata molto debole e precaria: 2 – 3 anni come questo e saremmo alla fame nera se non ci fosse il commercio globalizzato … e questo non è bello da dirsi. Certo si possono prendere contromisure efficaci: variare e incrementare la biodiversità delle coltivazioni, costruire depositi di raccolta per l’acqua piovana, vasche di depurazione e riciclo delle acque di scarico, si possono cintare gli orti come basi dei marines in territorio talebano … tante cose. Ma quella fondamentale è la costruzione di reti solidali di scambio e mutuo aiuto nel proprio territorio, nella propria bioregione. La tensione” all’autoproduzione e all’autosufficienza probabilmente si realizza grazie al lavoro e allo sforzo comuni con buona pace del mito “del buon selvaggio” che vaga per boschi e distese erbose alla ricerca di cibo selvatico: a luglio, ad agosto o in inverno puoi nutrirti di cortecce e radici fibrose che sono veramente immangiabili.

Certe parole andrebbero valutate e sperimentate con attenzione.