PRIMAVERILI CAMBIAMENTI SU BIONIERI


disegnoneroverde

Da questa primavera per accedere alla propria pagina del “rural network” Bionieri bisognerà avere sottoscritto un abbonamento annuale di 7,50€ (poco più di 50 centesimi al mese).

In una email “Equinoziale” spiegavo a tutti i circa 1000 membri nominali iscritti alla piattaforma e ragioni di questa decisione con queste parole

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Il Sito Bionieri si arricchisce di nuovi arrivi, sempre più persone di ogni età sono attratte da uno stile di vita   più sobrio, sano e legato ai ritmi naturali. Come riportano anche gli “studi” i servizi e gli articoli il bisogno diffuso o “trend” è sempre più di un ritorno alla Terra e ai ritmi naturali e alle attività agricole, sia a livello personale che imprenditoriale e noi ne possiamo solo essere felici e sentirci parte di questo movimento crescente di un ritorno ai valori di una vita migliore, più sobria più sana.

Bionieri, il nostro “Rural Network”, è uno strumento utile per chi intraprende questo percorso e può darci qualche risposta e qualche informazione, così come descritto nella Home, è una “radura” ( così è nata nell’immaginario di Renato http://bionieri.ning.com/profile/RenatoPontiroli   ma potete visualizzarlo anche come preferite, un cortile, un’aia, una cucina con un grande tavolone intorno al quale sedersi…) dove è possibile incontrarsi e scambiare “saperi e sapori”, conoscenze, esperienze, dove fare annunci, chiedere e condividere informazioni e suggerimenti ma credo che ci sia bisogno, e mi piacerebbe tanto ci fosse, di un piccolo sforzo da parte di tutti, soprattutto i nuovi arrivati, per uscire dalla fruizione “passiva” e dare ognuno il proprio apporto perché come per ogni cosa, l’energia è movimento e il sito non è solo una “lettura” una “enciclopedia” delle erbe officinali o delle tecniche di agricoltura da leggere o consultare, ma ha la potenzialità di creare comunicazione, confronto e occasioni di crescita e sviluppo di nuove occasioni, conoscenze e stili di vita tra i vari membri.

La considerazione però che ciò non stia avvenendo se non in minima parte (certo senza dimenticare l’impegno di quegli affezionati “sostenitori” che ogni anno hanno partecipato attivamente alle sottoscrizioni di autofinanziamento dato che la piattaforma ha un costo annuale, per la precisione nel 2014 hanno partecipato in 19 membri su un migliaio…!), e che la gestione creativa del network  ricada completamente sulla mia iniziativa personale, a parte qualche sporadica eccezione, che l’impegno di aggiornare e gestire il sito mi occupa quotidianamente tempo ed energie che credo a questo punto possano essere riconosciuti e valorizzati da tutti quelli che ne usufruiscono, mi ha portato infine a prendere una decisione importante: Da quest’anno, anzi da questa primavera, per diventare e continuare ad essere un Membro attivo di Bionieri e accedere al proprio profilo verrà richiesto il versamento di una piccola, direi simbolica quota annuale (penso intorno ai 6/7 €, cioè circa 50 centesimi al mese), questo perché da una parte il mio impegno abbia un riscontro che sia anche gratificante  per me (considerate anche le mie difficoltà di salute che seppur migliorata, dopo il trapianto, rispetto a prima non mi permette una reale autosufficienza lavorativa),  e che mi permetta anche, se non riesco a risolvere qualche problema tecnico, di potere chiedere la consulenza tecnica necessaria a risolverlo, e che dia anche più importanza al gesto di iscriversi che molti fanno o hanno fatto finora per semplice curiosità senza alcuna partecipazione attiva, nemmeno per completare il proprio profilo con una foto (!). Questo fermo restando che il sito resterà visibile a chi lo vorrà visitare, tranne forse per alcuni contenuti che riserverò ai membri iscritti. Immagino, purtroppo, quindi, che il numero di iscritti calerà notevolmente,  e tenuto conto che il sistema della piattaforma Ning per fornire il servizio di accesso a pagamento è a sua volta a pagamento, quindi è un costo mensile ulteriore per me, non sarà di certo un grandissimo business, quindi molto probabilmente resterà l’appuntamento fisso* per chi vorrà parteciparvi, della sottoscrizione annuale per l’autofinanziamento che renderà alcuni soggetti non solo membri ma “Sostenitori” di Bionieri, poi vedremo come va e se questa bella esperienza debba e possa continuare

……

Con un post su Bionieri una quindicina di giorni dopo ne davo l’annuncio:

http://bionieri.ning.com/profiles/blogs/2358980:BlogPost:174104

e con un altro post di qualche giorno dopo comincio a riferire delle prime risposte… nel bene e nel male!

http://bionieri.ning.com/profiles/blogs/accesso-a-bionieri-a-pagamento

Beh, spero molto che le cose cambino un po’ e che ci sia una presa di coscienza e di responsabilità un po’ più diffusa perchè al momento attuale ha risposto positivamente circa l’uno per cento degli iscritti alla piattaforma, ovvero, nella migliore tradizione italiana: “se posso avere un servizio gratis ben venga… ma partecipare (alla spesa) non sia mai!”

Comunico che Bionieri è anche su facebook

Buona Primavera

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Ciao Avambardo


In ricordo di Renato Pontiroli, l'Avambardo

Quest’estate ha portato via un amico e un grande rivoluzionario. L’avambardo. In un luglio di fuoco ci ha lasciati Renato, il grande Renato Pontiroli, figura storica di progetti come C.I.R. (corrispondenze informazioni rurali) e la rete dei Bionieri, una delle due penne generose dei Selvatici, gli abitanti ai confini tra selvatico e coltivato. Ci ho messo un po’ a ricordare Renato senza asciugarmi gli occhi.

Renato sapeva parlare con chiunque e a chiunque riusciva a regalare la chiarezza del cambiamento. Con il suo meraviglioso uso della lingua italiana, Renato non ti diceva “un buco tra le rocce”, diceva “un anfratto”. Era sempre un piacere leggerlo, che fosse una comunicazione del CIR (è rimasta nel mito una sua mappa per raggiungere il raduno) o una lunga dissertazione su uno dei suoi mille interessi, che fosse la distillazione degli oli essenziali, come si spala la neve (“non si spala finché non finisce la scorta di tabacco!“) o l’insurrezione zapatista di Marcos.
Coniava nuove parole dense, come “avambardo” e “bioniere“; parlava di modi di vivere sostenibili, come il bioregionalismo.

L’Avambardo non era mai prevedibile, sapeva tirar fuori da una battutina un lungo dibattito pieno di idee innovative. E sapeva sdrammatizzare il discorso più serio. Un giorno ero veramente adirata con un collettivo che mi aveva invitata a tenere un discorso sulla decrescita e poi, scoprendo che la G. di G.Cacciola dell’articolo che avevano letto stava per Grazia e non per Giorgio o Guido o Gioele, mi avevano poco elegantemente cancellata. Inferocita, avevo raccontato la storia a Renato, che ne sapeva molto degli uomini che parlano tanto e fanno poco, del maschilismo che impera in certi posti culturalmente elevati, in realtà caverne buie di ottusità. Ne aveva incontrati tanti di quegli uomini che la zappa non sanno nemmeno che forma abbia e che non percepiscono che la terra ha profumi diversi, che quel profumo si aggrappa alla legna, la legna al pane e il pane alla casa. Giorni dopo scrissi questo post e il primo commento è di Renato. Una risata liberatoria, che esorcizzò tutta la rabbia. Renato sull’argomento aveva da scrivere più di tutti ma aveva risolto tutto in una frase, con quell’umorismo speciale di chi non ha mai bisogno di prendersi troppo sul serio, di chi sa quando a un amico serve una risata.

L’Avambardo ci ha lasciato anche un’ultima grande lezione di tenacia. Per curarsi, nella malattia, era dovuto tornare in città e mi si stringe il cuore a pensare Manù senza Renato e anche a Renato senza l’orto, senza la sua lavanda da distillare. Ma un avambardo lo è sempre stato dentro e non ha mai smesso di esserlo fino all’ultimo: piuttosto che niente, anche nella desolazione della città, ha piantato in un vaso del basilico profumato. Perché se non puoi avere tutto, puoi cominciare ad avere qualcosa. Renato era un grande maestro in questo.

Era stato una delle prime persone che avevo intervistato per “Scappo dalla città”, ed è anche l’unico che abbia due foto nel libro: mi serviva la foto di qualcuno con la vanga e non sono tanti quelli che parlano di orti e li fanno anche…!
Renato e la dolcissima Manù avevano accettato di parlare della loro esperienza per chi voleva vivere in modo diverso ma non sapeva da dove partire. Se non loro, chi?
A distanza di anni, chiudo ancora ogni conferenza con le parole di Manù, che non a caso chiudono anche il libro. Vedo sempre degli occhi di persone che si ritrovano in queste parole, perché sia Manù che Renato sono diretti, arrivano fino al cuore di chi cerca la strada.
“Renato” mi ero raccomandata per l’intervista “anche le cose negative, eh! Non è mica un libro per fricchettoni!”. Mi aveva detto che le cose negative sì, ma poche, perché il positivo di queste scelte è molto di più.

D’accordo con Manù, ho chiesto il permesso all’editore FAG di pubblicare sul sito e su quello di Selvatici il racconto che ha scritto Renato sulla sua vita e le sue scelte. Manù e io vorremmo che le parole di Renato continuassero ad andare lontano, ad arrivare a tanti e non solo attraverso un libro.

Ecco, Avambardo, facciamo andare ancora più lontano le tue parole. Sei stato un grande maestro sulla mia strada, un amico di cammino. Voglio ricordarti così, affinché, come hai scritto tu, “lo scambio di emozioni che a volte avviene attraverso le vite raccontate, contagi le sensibilità che sono già predisposte al cambiamento“.

Pontiroli Renato, come professione ho quasi sempre svolto quella di viticoltore, sia come coltivatore diretto che come operaio agricolo. Sono nato in un piccolo paese dell’Oltrepò Pavese e per un lungo periodo ho vissuto tra Pavia e Stradella,  attualmente abito con Emanuela in una casa di campagna nei dintorni di Ovada.

La mia famiglia era di quelle nomadi, con numerosi cambi di residenza fino a che non siamo ritornati al paese di origine, per questo mi sono sempre sentito privo di “radici” rispetto ai luoghi fino a quel ritorno che coincideva con la mia giovinezza, a 14 -15 anni. Con il “ritorno” mio padre ha ripreso a svolgere il lavoro di agricoltore che ho intrapreso anche io intorno ai 18 anni, lavoro che allora non mi piaceva molto perché l’ondata “rivoluzionaria” del 68’ aveva contagiato anche me: il centro del mondo e di un futuro possibile li situavo nelle piazze di Milano, non certo nella vigna di casa. Per più di 30 anni sono stato un militante politico dell’area antagonista e tutto il mio immaginario era mediato dal progetto di sovvertire lo “stato presente delle cose”, ma dopo tanti anni tutto si è dissolto, infranto.

Nella primavera del 1998 un mattino mi sono accorto che era ora di cambiare radicalmente vita: sono sceso dal trattore, mi sono tolto la tuta e mi sono licenziato

Poi varie disavventure, esperienze, storie fino a che ad un Rainbow Gatering, nella zona di Marradi, ho incontrato Mario Cecchi e il popolo degli Elfi, la Rete Bioregionale …dopo alcune settimane abbiamo dato  vita al C.I.R. (corrispondenze informazioni rurali) e io ho vissuto 7-8 mesi nel villaggio di Campori in Sambuca Pistoiese … poi ho conosciuto Emauela che attraverso altre esperienze era arrivata a percorrere un sentiero simile al mio.

Lei artigiana artistica, io contadino, entrambi cercavamo di praticare uno stile di vita che ci permettesse di “sottrarci” almeno parzialmente e gradualmente dall’imperativo produci-consuma-crepa. L’approccio alle visioni dell’ecologia profonda e del bioregionalismo è arrivato gradualmente in seguito, anche se la parola Decrescita non era  ancora stata coniata vedevamo nel nostro progetto di vita il modo per non essere asserviti alle regole di quella che oggi chiamiamo Globalizzazione ma che avevamo sempre chiamato Capitalismo, potevamo ancora ribellarci ad un futuro codificato ed alienato senza pentirci del passato e senza affidarci ad una “Rivoluzione” a cui non credevamo più.

Anche se in questi mesi stiamo vivendo una situazione provvisoria e insoddisfacente, le nostre giornate hanno il ritmo lento e naturale delle stagioni, il lavoro di artigiani lo svolgiamo in casa e gli unici periodi un poco frenetici sono quelli dei mercatini in giro per il nord e centro Italia. Le pratiche di coltivazione degli orti, dell’autoproduzione e conservazione degli alimenti non sono vissute come “lavoro” ma come gesti di liberazione, come momenti di consapevolezza e anche di bellezza. Il poco che abbiamo basta e possiamo prenderci il lusso di intere giornate di ozio, di lettura, dedicarci alla cucina o all’osservazione estatica, possiamo svegliarci alle 6 o alle 10 … questo significa che almeno in parte riusciamo a determinare il nostro tempo. Il bagaglio culturale che ci portiamo dietro ci consente di avere uno sguardo profondo e analitico sul presente, siamo quindi consapevoli che “stili di vita” come il nostro sono difficilmente replicabili e non raggiungeranno mai una massa critica tale da innescare cambiamenti sociali, facciamo parte di una generazione che ha iniziato un percorso ma non l’ha progettato collettivamente. Posso tranquillamente affermare che il nostro modo di vivere richiede molta energia, molta attenzione e costa fatiche, ma non lo cambierem(m)o.

A volte ci capita di stare in fiere e mercatini per svariati giorni e quando torniamo a casa ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati anche se viviamo con pochi soldi, poche cose, quasi alla giornata. Tra le cose più belle e  incredibili c’è il riappropriarsi del tempo, l’abitudine al silenzio, ai suoni della natura circostante, ai colori del bosco, alle sue energie….

Ci sono però degli inconvenienti che dobbiamo affrontare con coraggio e salda determinazione:  richiami di gufi e di civette nella notte,  bramiti di cervi all’alba,  cinghiali e i tassi che tentano di rapinarci l’orto, fagiani piumati come atzechi in battaglia che traforano pomodori e peperoni, ghiri specializzati in espropri di noci e nocciole, volpi e faine che sbafano galli e galline lasciando entusiastici ringraziamenti, ragni acrobati che ornano ogni angolo della casa, rospi giurassici che scelgono come tana i vasi da fiore, variegate specie di biscie multicolori e vipere paciose che spuntano da sassi, buchi e anfratti, salamandre dall’andatura bradipesca che obbligano a frenate improvvise e soste bibliche, ramarri smeraldini modello guarano che ti derapano sulla schiena mentre pisoli tra le viole…poi moltitudini di uccelli canterini  che tessono un tappeto sonoro quasi continuo ( gli piace particolarmente la musica irlandese e il Bob Dylan ! ) accompagnati dalla ritmica puntuale, serrata, precisa dei picchi…poiane, falchi e bianconi che sembrano sempre puntare con occhio lubrico l’unica oca rimasta…insomma un casino di un casino di genti.

Per non parlare degli odori!! Come apri la porta vieni invaso dai miasmi di rosa selvatica, menta piperita,lavanda e erba cedrina…lavi il pavimento con il solito decotto di timo ed entrano stormi di bombi alla ricerca di nettare, accendi la stufa con rametti di ginepro o pigne di abete e…cucini… orecchiette con broccoli e uvetta o merluzzo alla cipolla rossa di Tropea, polenta gratinata con formaggio di capra e inserto mignon di funghi, trenette al pesto di rucoletta selvatica e per il gioco dei venti e degli spifferi l’odore si trasferisce nella stanza dove dormiamo perseguitandoci i sogni notturni. Il peggio ci capita quando facciamo essiccare i porcini sopra la stufa a legna, colmo della sfiga detti porcini hanno l’ardire di spuntare a qualche decina di metri da casa come a preannunciarti il tormento futuro. Se ti viene in seguito l’idea di lavarti con sapone fatto con oleolito di calendula e olio essenziale di lavanda ( cose che ci tocca fare per vincere la noia, sia chiaro) poi sei costretto a sorbirti le lamentele degli gnomi e dei coboldi dello Scravaion, i quali giustamente non reggono tali odori.

La casa, il territorio ( bioregione)  in cui si vive è il centro del mondo, da essa partono le azioni, le emozioni, le idee con cui ciascuno si collega ai mondi umani  e non umani e dipende delle energie che hai e che metti in gioco l’ampiezza di questo coinvolgimento. La casa è anche il luogo conviviale della affabulazione e della condivisione, sia la nostra che quella degli altri con cui ci incontriamo.

Stiamo passando un momento molto duro e pesante, ma ritroveremo un luogo dove vivere, quindi anche se i momenti di sconforto sono profondi, cerchiamo di proiettare le nostre energie in senso positivo perché “lo sguardo dell’osservatore modifica l’osservato” e poi proveniamo entrambi da storie che non si sono mai arrese.

Da quando abbiamo dato vita al blog Selvatici selvatici.wordpress.com siamo quasi quotidianamente in contatto con persone delle più disparate età, professioni, luoghi geografici che chiedono consigli o esprimono il desiderio comune di “cambiare vita” o “diventare elfi” o trovare un luogo incontaminato dove vivere a contatto con la natura ecc. E’ ben difficile dare consigli e/o indicazioni a tutti ma pensiamo che ci siano persone che possono partire all’avventura come abbiamo sempre fatto noi e altre che invece hanno bisogno di buoni progetti, di sicurezze e che difficilmente saprebbero cavarsela on the road. Sicuramente il futuro è di chi progetta collettivamente vicinanze solidali,villaggi, quartieri, città… noi siamo Bionieri, apripista, solitari accidenti della norma. Non possiamo proporci come esempio per gli anni a venire ma solo contagiare altre vite con le nostre o con il racconto dei giorni, con le nostre storie.

Per questo abbiamo dato vita al “Rural Network” Bionieri, per mettere in relazione il nostro vissuto con quello di altri, affinché lo scambio di emozioni che a volte avviene attraverso le vite raccontate contagi le sensibilità che sono gia predisposte al cambiamento.

Intervista tratta da G.Cacciola “Scappo dalla città. Manuale pratico di downshifting, decrescita e autoproduzione” Edizioni FAG, pag. 242-246

http://www.erbaviola.com/2013/09/18/ciao-avambardo.htm

L’ecologia profonda del silenzio


Ecologia Profonda e Bioregionalismo sono due filosofie o ecosofie  che ridisegnano il rapporto tra uomo e natura, sono visioni che permettono di rinnovare la nostra cittadinanza nella Terra attraverso uno stile di vita che tenga conto della necessità e del diritto per tutti, umani e non-umani, di vivere una vita dignitosa e significativa.

Come spesso accade il senso intimo di questi due termini “Ecologia Profonda e Bioregionalismo” è spesso stato modificato, piegato, adattato ad altre filosofie e ideologie, a differenti modelli di pensiero quindi capita di leggere e ascoltare di Bioregionalismo e secessione, Ecologia Profonda e Bhagavad Gita, Bioregionalismo e Era Ecozoica, Ecologia Profonda e Ecologia Sociale , Bioregionalismo e Anarchia …

Io non mi sento di criticare queste interpretazioni, ne di  inoltrarmi in dotte ed erudite dissertazioni, mi sento di vivere in un tempo in cui l’eccedenza di parole mi lascia indifferenta … meno ancora mi sento di dire che “pratico” queste ecosofie: nel mondo moderno e globalizzato ogni nostro gesto, ogni nostra azione provoca talmente tanti danni da qualche altra parte del pianeta che con tutta onestà posso solo pensare di praticare uno stile di vita tendente a ridurli e a ripararne, nel mio piccolo, alcuni.

Ma ci sono dei momenti, degli attimi in cui mi sento immerso in queste visioni di vita, in cui mi sento parte “organica” di un rinnovato rapporto con la Terra. Capita di passeggiare intorno a casa, di lavorare nell’orto o di starsene seduti sotto la chioma di un albero … guardarsi intorno e accorgersi che il nostro sguardo, i nostri sensi si sono fatti più acuti: quello che era un paesaggio consueto, normale diventa improvvisamente più nitido … ne scorgiamo particolari infinitesimali, assaporiamo  un caleidoscopio di odori, ascoltiamo un emozionante polifonia di suoni, godiamo di una infinita varietà di toni di colore … e ci sentiamo per interminabili istanti parte di quella meraviglia. E’ come trovarsi in una sorta di “stato di grazia” in cui ci rendiamo conto che il solo pensare di codificarlo con un pensiero razionale,  raccontarlo pronunciando parole … spezzerebbe l’incanto. Capita anche che tutto questo avvenga ancora più prepotentemente in alcuni luoghi diciamo “speciali”. Mi e capitato dentro a boschi dell’appennino ligure e toscano, piccole valli alpine, torrenti infrascati … è capitato di camminare tra i rumori, i colori e gli odori di un bosco, di quelli fitti e selvaggi dove la presenza umana da tempo non lascia le sue tracce … camminare e a un tratto accorgersi che i rumori sono cessati, l’aria è immobile e persino il tempo sembra sospeso … in questo silenzio quasi irreale persino i miei passi leggeri e attenti sono fuori posto, superflui. Mi siedo con la schiena appoggiata ad un albero, ficco le mani nel tappeto di foglie fino a ficcarle nella terra umida e scura … anche la mente si svuota, il respiro rallenta … mi sento come una parte di quel luogo  per un tempo indefinito e indefinibile.

Poi bisogna tornare, abbandonare quella visione, quello stato di grazia che ci è stato concesso per poco o per quanto basta a ricordarci cosa abbiamo perso per sempre.

Nel prossimo secolo,

o in quello successivo,

dicono,

ci saranno valli, pascoli

in cui ci incontreremo, se ce la facciamo.

Per scalare queste cime,

un parola per te,

per te

e per i tuoi figli:

state assieme,

imparate dai fiori,

siate lievi

(Gary Snyder “for the children”, Turtle Island)

Lato Selvatico n° 39


Con l’equinozio d’autunno è uscito il n° 39 di Lato Selvatico, la bella rivista curata da Giuseppe Moretti.

Questo l’indice:

Peter Berg, 1937 – 2011

Il Mondo Verde, tra magia e pratica – Intervista a Carlo Signorini

Sentiero Bioregionale – il racconto dell’incontro

Visitatori notturni – una poesia di Jacquie Bellon

Preghiera di ringraziamento –  Gary Snyder

Riguardo all’essere indigeno –  Freya Mathews

La Grande Storia –  Gary Lawless

Diario verso le montagne di Nanao Sakaki – Silvana Mariniello

Oltre agli articoli trovate recensioni e poesie su Bioregionalismo ed Ecologia Profonda

Per Ricevere Lato Selvatico contattare Giuseppe Moretti  morettig@jol.it

Da questo numero  un ricordo di Peter Berg, tornato alla Terra il 28 Luglio 2011

Peter Berg

Il 28 Luglio scorso è scomparso Peter Berg. Aveva 74 anni. Con lui se ne va uno dei più lucidi attivisti visionari Per la Terra. A lui si deve la divulgazione e l’articolazione del concetto di Bioregione nel proprio paese prima e nel resto del mondo poi.

Peter Berg aveva quella rara capacità di vedere lontano e perciò le sue idee e azioni precorrevano i tempi. San Francisco, primi anni ’60, con il gruppo di teatro di strada SF Mime Troupe, metteva in scena le prime proteste per i diritti civili. Successivamente, nel 1966, fu protagonista con i Diggers, dei momenti più radicali e provocatori di quegli anni, proclamando i Free Shops in contrapposizione al “mercimonio delle leggi di mercato”, distribuendo Free Food durante le celebrazioni e i concerti nei parchi, Free Housing come nuovo modo di stare insieme, le Free Medical Clinic perché la salute è un diritto di tutti, i Free Papers per diffondere le idee e la creatività del movimento. Negli anni ’70 con il Frisco Bay Mussel Group, contribuisce a fermare il progetto del Peripheral Canal, pensato per deviare le acque del fiume Sacramento (a nord) -mettendo a serio rischio il delta e l’intera Baia di San Francisco -verso le colture industriali agricole della Central Valley e la città di Los Angeles (a sud).

Nel 1973 fonda Planet Drum, il gruppo madre del movimento bioregionale, all’interno del quale sviluppa il “Green City Program” per la città di San Francisco; il “Guard Fox Watch” per difendere le montagne dagli eccessi dei Giochi Olimpici Invernali, e recentemente ha fondato “l’istituto per la Sostenibilità Bioregionale” a Bahia de Caraquez in Equador. Ha diretto “Raise the Staches”, il giornale di Planet Drum e del movimento per più di venti anni. Proseguendo con il “Pulse”. Ha partecipato ad eventi, conferenze, forum e workshop ovunque nel mondo. Ha dato interviste, scritto articoli e publicato libri, tra questi Reinhabiting a Separate Country, Green City Program, Discovering Your Life-Place e ultimamente Envisioning Sustainability, che ripercorre la sua vita attraverso le sue idee e i suoi scritti. Peter aveva un carattere forte e il potere dell’immaginazione che gli permetteva di tradurre le idee in azioni. Mai banale o ripetitivo ma creativo, poetico e combattivo per la Terra e per tutti i suoi esseri, sia umani che non-umani.

Fu la sua venuta in Italia nel 1994 che ispirò la creazione della Rete Bioregionale Italiana. Da allora ci è sempre stato vicino, disponibile nei consigli e facendo conoscere il nostro lavoro oltreoceano. Nel 2005 venne con la moglie Judy come “Guard Fox Watch” a Torino, durante i preparativi dei Giochi Olimpici Invernali, per mitigarne l’impatto sui versanti montani che orlano il lato occidentale del bacino idrografico del Po. Recentemente ci ha seguito e sostenuto nel passaggio dalla Rete Bioregionale a Sentiero Bioregionale.

Gary Snyder ha detto di lui: “il lavoro di Peter Berg e di Planet Drum è stato di incommensurabile importanza per definire e disseminare le idee e le possibilità del bioregionalismo”

“Non l’abbiamo fatto per il Tempo Grande. Non lo abbiamo fatto per il Tempo Piccolo. L’abbiamo fatto per il Tempo Reale” – Peter Berg 24 – 07 – 2011

Giuseppe Moretti